11 aprile 2012

Sucker Punch (Zack Snyder, 2011)

Sucker Punch (id.)
di Zack Snyder – USA 2011
con Emily Browning, Abbie Cornish
*1/2

Visto in DVD.

Fatta rinchiudere dal malvagio patrigno in un istituto di igiene mentale, la giovane Babydoll si "rifugia" in un mondo immaginario nel quale l’ospedale diventa un night club/bordello e le pazienti sono costrette dal perfido proprietario (alter ego di uno degli infermieri) a intrattenere i clienti con le loro danze. Qui la ragazza coinvolge altre quattro compagne in un elaborato piano di fuga, per portare a termine il quale è necessario impadronirsi di cinque oggetti: e ciascuno dei tentativi si trasforma, con un ulteriore volo di fantasia, in una spericolata missione in cui le cinque eroine devono combattere e sgominare incredibili avversari (spiriti-samurai in armatura, soldati zombie/steampunk, orchi e draghi, androidi cibernetici) all’interno di scenari fantastici e apocalittici (un misterioso tempio giapponese, le trincee della seconda guerra mondiale, un castello fantasy sotto assedio, una megalopoli su un altro pianeta). Pur trattandosi del primo film di Zack Snyder basato su un soggetto originale (una storia dello stesso regista), sembra comunque – come i suoi lavori precedenti – tratto da un fumetto o da un videogioco, al punto che ho dovuto verificare che non fosse davvero così: e già questo la dice lunga sul tipo di spettacolo cui si va incontro. Apparentemente ambizioso e complesso, alla resa dei conti si rivela invece assai semplice e schematico, anche perché il tema della libertà da conquistare attraverso la fantasia è tutt’altro che nuovo e i colpi di scena nel finale non sconvolgono particolarmente. Se il plot è vagamente ispirato a “Il gabinetto del dottor Caligari” (o, per citare titoli più recenti, a “Franklyn” e “Inception”, con le loro scatole cinesi di mondi alternativi contenuti l'uno dentro l'altro), la struttura – che si sviluppa su missioni e livelli, in maniera sempre più ripetitiva – e l’estetica sono da videogame (le sequenze d’azione, affogate negli effetti speciali e nella fotografia desaturata, sono insopportabilmente lunghe: ma il vero problema è che si ha l’impressione che sia il resto del film a essere stato pensato da Snyder come pretesto per giustificare le scene action, e non il contrario). La regia è debordante e videoclippara, con il solito abuso di ralenti e l’invadenza del commento musicale, mentre la caratterizzazione dei personaggi femminili, piatta e superficiale, è in linea con l’immaginario di un quattordicenne o, nel migliore dei casi, di un otaku (a partire dalla bad girl/lolita in uniforme da scolaretta): di fatto le cinque protagoniste non sono altro che bamboline, o meglio action figure, da muovere a piacimento in mondi paralleli che a loro volta richiamano gli scenari di celebri film o videogiochi (e non a caso il personaggio da cui dipendono le sorti di Babydoll, evocato per l’intera pellicola, si chiama “il giocatore”). La mono-espressività di Emily Browning (seconda scelta, dopo che Amanda Seyfried si era defilata dal progetto) non migliora certo le cose; meglio invece le comprimarie, come Jena Malone, Jamie Chung e – nei panni dell’istruttrice di danza – Carla Gugino. In ogni caso, pur con tutti i suoi limiti, il film può anche essere apprezzato sotto l’aspetto visivo, ludico e feticista, e addirittura guadagnarsi un’etichetta non del tutto immeritata di guilty pleasure. Il titolo è un’espressione che indica un colpo che prende l’avversario di sorpresa: secondo le intenzioni di Snyder, si riferisce alla rivelazione che la vera protagonista della storia non è Babydoll ma una delle sue quattro compagne. Un’escamotage poco convincente, però, visto che – checché se ne dica – la Browning resta costantemente al centro del racconto. Titoli di coda, in stile burlesque, completamente fuori contesto.

2 commenti:

marco c. ha detto...

Io vado al cinema solo per vedere questa robaccia, i film buoni me li guardo a casa con calma. Pensa che sabato sono andato a vedere "La Furia dei Titani". Quello sì che era terribile, sembrava "Il Signore degli Anelli - versione 3d".

Christian ha detto...

In un certo senso ti capisco: sono film che puntano molto sull'immagine, e probabilmente visti sul grande schermo hanno la loro (unica?) ragion d'essere.