28 aprile 2013

Il cacciatore (Michael Cimino, 1978)

Il cacciatore (The Deer Hunter)
di Michael Cimino – USA 1978
con Robert De Niro, Christopher Walken
***1/2

Visto in DVD, con Eleonora e Sabrina.

Michael (De Niro), Nick (Walken) e Steven (John Savage) sono tre amici di origine russa che vivono in una piccola cittadina industriale della Pennsylvania. Inseparabili al lavoro (sono operai in una fabbrica metallurgica) e nel tempo libero (trascorso insieme ad altri due colleghi, Stan e Axel, nel bar dell'amico John, o impegnandosi in battute di caccia al cervo sulle montagne della zona), si apprestano ad affrontare due fondamentali "riti di passaggio": il matrimonio di Steven con Angela, e la partenza – subito dopo – come soldati per il Vietnam (siamo nel 1967). Ma l'inferno della guerra li cambierà completamente: ci sarà chi tornerà ferito nel fisico (Steven), chi nell'animo (Mike) e chi non tornerà affatto (Nick). Pur prendendo l'argomento alla larga, come in ogni grande "epica popolare" che si rispetti (vedi la lunghissima introduzione: di fatto le scene ambientate in Vietnam costituiscono meno della metà della pellicola), il secondo lungometraggio di Cimino (nonché il suo maggior successo di critica e di pubblico) è uno dei film di maggior impatto emotivo sugli orrori della guerra e su come questi possano trasformare e trasfigurare l'essere umano: indimenticabili le controverse e tesissime sequenze della roulette russa, alla quale i tre amici, presi prigionieri, sono obbligati a giocare dai loro carcerieri vietcong ("Mao! Mao!"). Se nella realtà non ci furono casi documentati di eventi simili durante il conflitto in Vietnam, la roulette russa, con la sua violenza casuale, è una metafora della guerra intera e della pazzia dell'uomo che si trascina per tutto il film, prendendo l'avvio proprio dalle scene della caccia al cervo in Pennsylvania (con Mike che si fa vanto di uccidere gli animali "con un solo colpo", un modo per equilibrare le cose visto che i cervi non hanno un fucile) e che prosegue quando, a Saigon, Nick e Mike rimangono coinvolti nel "giro" delle scommesse clandestine in cui vengono organizzate sfide di roulette russa fra disperati (una trovata che sarà ripresa, anni più tardi, nel film georgiano "13 Tzameti").

Se non tutto nella sceneggiatura è adeguatamente spiegato o coerente (la progressiva trasformazione di Nick, che passa dall'essere il più equilibrato dei tre a quello che invece cede all'orrore e all'abitudine alla violenza, fino a non dare più significato alla propria vita, a rinunciare a tornare a casa dalla donna che ama e anzi a cercare la morte con accanimento), e il montaggio salta a volte troppo bruscamente da una scena all'altra (non mostra, per esempio, come i tre vengano catturati dai vietcong), trascinandone invece altre troppo a lungo (il matrimonio ortodosso, che dura quasi un'ora), la regia di Cimino e le eccellenti interpretazioni di un cast in stato di grazia riescono a restituire perfettamente l'atmosfera di quegli anni, ritratta peraltro in chiave elegiaca e melodrammatica. Oltre ai tre protagonisti, da ricordare anche Meryl Streep (al primo ruolo importante della sua carriera nei panni di Linda, la donna amata sia da Nick che da Mike), John Cazale (malato di tumore già durante le riprese: fu la sua ultima apparizione sullo schermo), George Dzundza e Chuck Aspegren (quest'ultimo non era un attore professionista ma un operaio della fabbrica dove è ambientata la prima parte del film). Pur sforando il budget (le scene vietnamite furono girate in Thailandia, presso il fiume Kwai), la pellicola ripagò i produttori con gli interessi e conquistò anche la critica. Vinse cinque Oscar (su nove nomination): quelli per il miglior film, regia, attore non protagonista (Walken), montaggio e suono. Il finale in cui i personaggi cantano "God Bless America" in onore del defunto Nick è stato letto da alcuni come un attacco in chiave ironica al sogno americano e al patriottismo, passato attraverso la disillusione e gli shock della guerra del Vietnam (di fatto il film fu uno dei primi a parlare di quel conflitto, che si era concluso solo pochi anni prima, mostrandone gli effetti negativi sulla psiche e la salute dell'America. L'anno dopo, naturalmente, sarebbe arrivato l'ancora più efficace "Apocalypse Now" di Coppola).

4 commenti:

Marisa ha detto...

E' uno di quei film importantissimi che hanno fatto da cassa di risonanza al nascente bisogno di uscire dalla retorica dell'eroe e che aiutano a guardare in faccia l'orrore della guerra e della solitudine a cui vanno incontro i "reduci". Ma la lezione è ancora tutta da assimilare e da integrare, vista la lentezza che ha la coscienza umana nel cambiare realmente registro...

Christian ha detto...

Sono d'accordo. Dal punto di vista artistico e prettamente cinematografico è forse un po' sopravvalutato ("Apocalypse Now" è decisamente su un livello superiore), ma come importanza storica e sociale è una pellicola da cui non si può prescindere se si guarda alla storia del cinema americano.

Nicholai Hel ha detto...

Sono contento che finalmente hai visto questo film. Riguardo alla "trasformazione di Nick", oltre alla tragicità dell'esperienza della guerra e della prigionia, devi considerare la dipendenza dalla droga. Nell'ultima roulette russa quando Mike gli prende la mano sono infatti evidenti i segni delle siringhe sul braccio di Nick.
Infine resta memorabile la scena del biliardo con la mitica " Can't Take My Eyes Off You".
Bis Dann

Nicholai Hel

Christian ha detto...

Certo, è un po' tutto l'insieme (le esperienze della guerra, la tossicodipendenza) a far precipitare Nick sempre di più nel tunnel, quando invece all'inizio si poteva pensare che sarebbe stato Michael quello più a rischio. In ogni caso, un film che (ora che ho rotto il ghiaccio, vedendolo finalmente per la prima volta!) conto di rivedere spesso negli anni a venire, per arrivare a coglierne sempre meglio le tante sfumature.