27 ottobre 2013

Dorian Gray (Oliver Parker, 2009)

Dorian Gray (id.)
di Oliver Parker – GB 2009
con Ben Barnes, Colin Firth
*1/2

Visto in TV.

Scialbo adattamento de "Il ritratto di Dorian Gray" di Oscar Wilde, affossato da un pessimo protagonista e da una regia che tenta di infondere maggior interesse nel soggetto girandone alcune scene come un horror di bassa lega. La storia è quella nota, anche se la sceneggiatura di Toby Finlay la "arricchisce" di ulteriori sfumature gotiche e ne modifica alcuni passaggi (come quelli relativi alla breve storia d'amore del protagonista con l'attrice teatrale interpretata da Rachel Hurd-Wood): il giovane nobiluomo londinese Dorian Gray (Ben Barnes) si fa dipingere un ritratto dall'amico Basil Hallward (Ben Chaplin); quando scopre che il quadro invecchia al posto suo, e che ogni peccato commesso fa imbruttire il dipinto mentre lui si mantiene puro e immacolato, comincia a dedicarsi all'edonismo più sfrenato, seguendo alla lettera i consigli del cinico Lord Henry Wotton (Colin Firth) che gli aveva insegnato a "cogliere ogni attimo" e a soddisfare ogni impulso. Non si fa mancare niente, compreso l'omicidio; ma anni dopo, proprio quando sembra deciso a mettere la testa a posto e a cambiare vita per amore della figlia di Henry, Emily (Rebecca Hall), il destino gli presenterà il conto. Una mediocre ricostruzione storica (davvero pessima la Londra dell'epoca in computer grafica, mentre costumi e scenografie sono al risparmio), un protagonista inadeguato (molto meglio, ça va sans dire, Firth e Chaplin), una tensione drammatica inesistente: da salvare alla fine c'è solo il soggetto (ovviamente), che indaga sui temi dell'eterna giovinezza e della corruzione dell'anima, e i celebri aforismi di Oscar Wilde, sparsi a piene mani dallo sceneggiatore e messi in bocca ora a Lord Henry ora a Gray stesso. Parker, abbonato alle pellicole di derivazione wildiana (suoi i gradevoli "Un marito ideale" e "L'importanza di chiamarsi Ernest" con Rupert Everett), da qualche anno sembra essere scivolato lungo una brutta china.

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