18 ottobre 2014

Fiori d'equinozio (Yasujiro Ozu, 1958)

Fiori d'equinozio (Higanbana)
di Yasujiro Ozu – Giappone 1958
con Shin Saburi, Ineko Arima
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Rivisto in DVD, in originale con sottitoli (registrato da "Fuori Orario").

Hirayama (Shin Saburi), imprenditore di mezza età, è giunto a quel punto della vita in cui deve cominciare a preoccuparsi del futuro delle proprie figlie. Ma se in pubblico manifesta una mentalità aperta e moderna (favorevole cioè al diritto dei giovani di determinare da sé il proprio futuro, specialmente in campo sentimentale), fra le mura di casa si dimostra invece intransigente e conservatore. In particolare, non approva la scelta della figlia maggiore Setsuko (Ineko Arima) di sposarsi per amore con Taniguchi (Keiji Sada), un giovane collega di lavoro: e non perché il ragazzo non sia l'uomo giusto per lei, ma per ostinazione e ripicca per non essere stato consultato. Un inganno di Yukiko (Fujiko Yamamoto), amica di Setsuko che finge di chiedere il suo parere su una situazione simile a proposito di sé stessa, gli estorcerà l'approvazione alle nozze; e le insistenze di amici e parenti condurranno infine all'accettazione dello stato di cose e alla riconciliazione fra padre e figlia. Con il suo primo film a colori (l'operatore Yuharu Atsuta gioca su tinte accese e ben definite: si pensi a quel bollitore rosso che focalizza lo sguardo dello spettatore in ogni scena in cui si intravede), Ozu torna ai suoi soliti temi: il conflitto fra tradizione e modernità, la disgregazione della famiglia, e soprattutto i rapporti fra genitori e figli, ribaltando di fatto l'assunto di "Tarda primavera" (qui è la figlia a volersi sposare e il padre a metterle i bastoni fra le ruote). Centro unico di tutta la narrazione è il protagonista Hirayama, alle prese con più situazioni che si intrecciano e che gestisce in maniera contraddittoria e incoerente: consiglia a Yukiko di seguire il proprio cuore e non il parere dei genitori nelle questioni sentimentali; aiuta l'amico Mikami (Chishu Ryu) a riappacificarsi con la figlia che è scappata di casa per andare a vivere con un uomo; tiene un accorato discorso alle nozze della figlia di un altro amico (Nobuo Nakamura), elogiando il diritto dei giovani di sposarsi per amore e non per dovere; eppure farà un enorme fatica ad accettare il fidanzato della figlia, e opporrà a lungo un deciso rifiuto alle sue nozze, prima di ammettere a sé stesso che la propria ostinazione è frutto di un capriccio, e che il vero obiettivo da raggiungere è la felicità di Setsuko.

Rispetto alle due pellicole immediatamente precedenti ("Inizio di primavera" e "Crepuscolo di Tokyo"), il film non soltanto presenta un notevole cambio di tono (al pessimismo si sostituisce una certa leggerezza, a tratti quasi da commedia, per non parlare di un lieto fine decisamente commovente), ma sembra certificare la rinuncia – da parte di Ozu e dello sceneggiatore Kogo Noda – al tentativo di adattarsi ai mutamenti che i nuovi registi giapponesi stavano portando in quegli anni nel cinema nipponico. Nonostante l'introduzione del colore (il primo film giapponese a colori risaliva a soltanto sette anni prima, nel 1951; Akira Kurosawa, per citare un cineasta considerato ben più "innovativo" di Ozu, passerà al colore solo nel 1970), con questa pellicola Ozu sembra voler tornare definitivamente ai temi e alle atmosfere tradizionali del suo cinema, in una strada ben collaudata dalla quale non devierà mai più, tanto che negli ultimi film della sua carriera (dopo di questo ce ne saranno ancora soltanto cinque) non esiterà a riproporre quasi dei remake di pellicole precedenti ("Buon giorno" riecheggierà "Sono nato, ma..."; "Erbe fluttuanti" aggiornerà il classico "Storie di erbe fluttuanti"; "Tardo autunno" e "Il gusto del saké" saranno due riletture di "Tarda primavera"). Basterà lo stile, ormai giunto alla sua estrema perfezione, a renderli preziosi e irrinunciabili. Risultano particolarmente significativi, pertanto, alcuni momenti in cui viene esplicitata la nostalgia per un passato ormai scomparso: la gita familiare ad Hakone, con la moglie (Kinuyo Takako) che ricorda i momenti della guerra (quando "le difficoltà della vita quotidiana rendevano la famiglia più unita"), e la rimpatriata fra Hirayama e i suoi compagni di scuola, dove vengono cantati un poema tradizionale e una canzone di guerra che rievocano valori ormai andati perduti. Miyuki Kuwano è la figlia minore Hisako, Teiji Takahashi è l'impiegato Kondo, protagonista di divertenti siparietti, in compagnia del suo capo Hirayama, nel locale dove lavora la figlia di Mikami. Il titolo si spiega alla luce delle considerazioni finali di Hirayama: "Fare i genitori è il mestiere più difficile del mondo. I figli crescono [...] e troppo presto la primavera cede il passo all'autunno". Curiosità: nel sottofondo musicale, durante le scene ambientate in casa di Hirayama, è riconoscibile in un paio di occasioni il tema di "Hanyū no yado" (ovvero "Home, sweet home"), canzone nostalgica assai popolare in Giappone e utilizzata anche nelle colonne sonore de "L'arpa birmana" e de "La tomba delle lucciole".

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