20 novembre 2014

Oyuki la vergine (Kenji Mizoguchi, 1935)

Oyuki la vergine (Maria no Oyuki)
di Kenji Mizoguchi – Giappone 1935
con Isuzu Yamada, Komako Hara
**1/2

Visto su YouTube, in originale con sottotitoli inglesi.

Nel Giappone sud-occidentale, alla fine dell'ottocento, infuria la guerra civile fra i ribelli di Satsuma e le truppe del governo di Tokyo. Due prostitute (Okin e Oyuki, quest'ultima di fede cristiana) fuggono dal loro villaggio devastato a bordo di una carrozza che porta in salvo anche alcuni ricchi notabili con le loro famiglie. Questi non perdono occasione per manifestare il loro disprezzo nei confronti delle due donne, ma non si fanno scrupolo ad accettare il loro aiuto (e il loro cibo) nei momenti di maggior necessità. Catturati dai soldati dell'esercito, che li sospettano di essere delle spie, pur di salvarsi la vita gli aristocratici sarebbero disposti anche a consegnare una delle loro figlie al generale Asakura (Daijiro Natsukawa). A prendere il posto della giovane si offre però Oyuki, la cui gentilezza e bontà fa innamorare Asakura, che infine lascia liberi tutti i viaggiatori. Una volta in salvo, i ricchi tornano ad assumere un atteggiamento sprezzante e proibiscono a Okin e Oyuki di salire con loro sul traghetto che li condurrà via dall'isola; e così le due donne sono costrette a tornare al proprio villaggio, che nel frattempo è stato occupato dai ribelli. Qui scoprono che fra le macerie della loro casa si è rifugiato proprio Asakura, sconfitto in battaglia e rimasto da solo. Okin (ferita nell'onore perché il generale aveva preferito Oyuki a lei) minaccia di consegnarlo ai nemici, ma l'amica lo convince a lasciarlo andare, rinunciando così anche ai propri sogni d'amore, consapevole che il matrimonio fra un samurai e una prostituta di campagna è di fatto impossibile. Ispirandosi nella prima parte a un racconto di Maupassant ("Boule de suif", lo stesso che John Ford adattò per dare vita a "Ombre rosse"), Mizoguchi realizza un melodramma a sfondo storico-bellico che veicola i temi a lui più cari: il sacrificio femminile, l'amore fra diverse classi sociali, e il modo in cui la guerra e le difficoltà tirano fuori il peggio (o il meglio) dalle persone. Pur ancora grezzo da molti punti di vista, la fluidità dei movimenti di camera, le riprese in campo lungo e alcune inquadrature di struggente bellezza testimoniano il tentativo del grande regista di sperimentare in campo tecnico-stilistico. E l'interessante setting storico e l'intensa recitazione elevano comunque il film sopra la media del periodo. Da sottolineare i tanti e insistiti rimandi al cristianesimo, sin dal titolo: il portasigarette di uno dei passeggeri della carrozza, con l'immagine di un angelo; la preghiera di Oyuki alla vergine Maria nel momento in cui la spia Sadohara viene fucilata; l'attitudine al sacrificio ("Come Gesù", commenta Asakura) della stessa Oyuki; la melodia della "Ave Maria" di Gounod nella scena finale, in cui Oyuki contempla la luna piena.

2 commenti:

Babol ha detto...

Mizoguchi è un regista che non conosco proprio, bisognerà che cominci a colmare qualche lacuna...

Christian ha detto...

Non è un regista "facile", ma se cominci con i grandi capolavori degli anni '50 ("I racconti della luna pallida d'agosto" o "L'intendente Sansho", per esempio) non sbagli di certo.