24 luglio 2015

Monica e il desiderio (Ingmar Bergman, 1953)

Monica e il desiderio (Sommaren med Monika)
di Ingmar Bergman – Svezia 1953
con Harriet Andersson, Lars Ekborg
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Visto in divx.

Il giovane Harry conosce per caso l'esuberante Monika: entrambi insofferenti ai lacci e alle costrizioni imposte dalla famiglia e dal lavoro, mollano tutto per trascorrere un'estate girando in barca lungo le coste della Svezia. Alla scoperta che lei è rimasta incinta, decidono di sposarsi e di tornare in città, dove Harry trova lavoro. Ma Monika, incapace di adattarsi a una vita di tipo comune, lo tradirà. In quello che può essere considerato il terzo film di un'ideale trilogia sulla donna (dopo "Un’estate d’amore" e "Donne in attesa", tutti girati fra il 1950 e il 1953), Bergman racconta con sensibilità e realismo una storia d'amore scandita dal ritmo delle stagioni, con il suo inizio (non a caso la pellicola si apre a primavera), il culmine della passione (l'estate trascorsa girovagando in libertà, con le "scandalose" – per l'epoca – scene della ragazza che fa il bagno nuda e che mostra a più riprese una "insolente sensualità") e la fine (l'autunno e l'inverno). il titolo originale del film, fra l'altro, significa proprio "Un'estate con Monika", esplicitando il rimando stagionale. I due giovanissimi personaggi (19 anni lui, "quasi 18" lei), ribelli e in lotta contro il mondo, che sognano la libertà e rifuggono le responsabilità, dovranno scoprire sulla loro pelle che cosa significa ritagliarsi un posto nella società. Lui ci riesce, lei – forse non ancora pronta – no. Considerato forse a torto un lavoro minore del regista svedese (che durante le riprese si innamorò della protagonista Harriet Andersson, tanto da volerla in altri suoi otto film), godette di una certa notorietà solo per il carattere scandaloso di alcuni temi e alcune inquadrature; fu invece amatissimo dagli autori della Nouvelle Vague, e soprattutto da Jean-Luc Godard, che in particolare apprezzò l'insolito e prolungato primo piano del volto di Monika nel finale, quando sembra rivolgersi direttamente allo spettatore per comunicare i suoi pensieri e la sua inquietudine: Godard la definì "l'inquadratura più triste di tutta la storia del cinema". In ogni caso Monika resta un personaggio indimenticabile, e i temi bergmaniani dell'ansia, dell'alienazione dalla realtà e della crisi d'identità sono presenti a piene mani.

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