4 ottobre 2016

Fuocoammare (Gianfranco Rosi, 2016)

Fuocoammare
di Gianfranco Rosi – Italia 2016
con Samuele Caruana, Pietro Bartolo
**

Visto in TV, con Sabrina, Daniela, Domenico e Roberta.

Documentario che segue – in parallelo – gli arrivi delle imbarcazioni cariche di migranti africani al largo delle coste di Lampedusa e la vita quotidiana degli abitanti dell'isola, che non sembra toccata dai drammatici eventi che accadono a poca distanza da loro (che "l'occhio pigro" del piccolo Samuele, protagonista principale di queste sezioni, sia una metafora della "cecità selettiva" di molti europei nei confronti di questa tragedia?). Come in "Sacro GRA", l'altro documentario che aveva reso celebre Rosi (vincendo il Leone d'Oro a Venezia), il regista non segue un filo narrativo preciso ma lascia che la macchina da presa documenti la realtà attorno a sé come farebbe un naturalista. Gli episodi apparentemente insignificanti che riguardano gli abitanti dell'isola (mamme e nonne che cucinano, un deejay di una radio locale che trasmette canzoni e dediche, i pescatori al lavoro o preoccupati per il maltempo, e soprattutto il piccolo Samuele che si fabbrica una fionda, gioca con un amico, va a "caccia" di uccelli, studia inglese a scuola – un segnale di speranza per un'apertura al mondo? – e cerca di vincere il proprio mal di mare) fanno da contrappunto alle immagini tragiche degli sbarchi dei migranti e alle testimonianze di coloro che li soccorrono (toccante, in particolare, quella del medico Pietro Bartolo). È come se fossimo tutti sulla stessa barca, dice Rosi: soltanto che alcuni non se ne accorgono. Stilisticamente, in quanto docu-drama, il film è quasi diviso in due: le scene con i lampedusani sembrano prevalentemente "ricostruite" con attori che interpretano sé stessi, mentre quelle con i migranti – decisamente intense – sono catturate dalle videocamere in guisa di reportage. Nel complesso il film ha il merito di affrontare un argomento d'attualità in modo sincero e non ricattatorio, lasciando allo spettatore il compito di trarre le proprie conclusioni. Ma il vero cinema è un'altra cosa. Orso d'Oro al Festival di Berlino, e candidatura italiana ai premi Oscar. Il titolo proviene da una canzone che ricorda i bombardamenti delle navi nel porto di Lampedusa durante la seconda guerra mondiale, con le fiamme e i razzi di segnalazione che tingevano il mare di rosso.

2 commenti:

Marisa ha detto...

Riconosco le qualità positive che hai sottolineato,ma francamente...mi sono annoiata ed ho persino dormicchiato un pò...
Mi sembra, come per il precedente "Sacro Gra" che manchi qualcosa, un collante artistico autentco in grado di catturare veramente, oltre il dovuto riconoscimento di impegno sociale. Ma forse sono io troppo esigente :-)

Christian ha detto...

Artisticamente, sono d'accordo: sia "Sacro GRA" che questo (che comunque mi è parso migliore) non sono all'altezza, per esempio, dei documentari di Herzog, che invece è capace di rendere a loro modo eccezionali la natura e i personaggi di cui si occupa.
Qui a elevare il tutto c'è il tema trattato e l'impegno sociale. Ma le immagini dei migranti sono semplici riprese giornalistiche, mentre molte scene di vita dei lampedusani lasciano il tempo che trovano...