26 novembre 2016

Il cittadino illustre (G. Duprat, M. Cohn, 2016)

Il cittadino illustre (El ciudadano ilustre)
di Gastón Duprat, Mariano Cohn – Argentina 2016
con Oscar Martínez, Dady Brieva
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Visto al cinema Palestrina.

Cinque anni dopo aver vinto il premio Nobel per la letteratura, l'acclamato scrittore argentino Daniel Mantovani – che vive ormai in Europa da quasi quarant'anni – si ritrova in una impasse creativa e sociale ("Ricevere un premio come questo mi ha trasformato in un monumento"). Quando gli arriva un invito proveniente dalla piccola cittadina di Salas – dove è nato e cresciuto, ma da cui è fuggito in gioventù per non farvi più ritorno – che vorrebbe celebrarlo come suo "cittadino illustre", decide impulsivamente di accettare. Il ritorno nel luogo d'origine, però, non sarà come aveva previsto. Anche perché l'intera sua opera (e in un certo senso tutta la sua identità) si è basata proprio sul rifiuto di quello che Salas rappresenta ("Io non sono mai riuscito a tornarvi, i miei personaggi non sono mai riusciti a partire"), e non tutti i suoi abitanti sono felici di come sono stati "rappresentati". E poi, si sa, nemo propheta in patria: se Mantovani, a Salas, ritrova vecchi (e nuovi) amici e amori, non mancheranno le situazioni imbarazzanti o paradossali e gli atti di ostilità che lo metteranno di fronte alla consapevolezza che "indietro non si torna". Proprio lui, portato per natura ad abbattere miti e istituzioni, così insofferente alle cerimonie ufficiali, scoprirà di essere diventato un mito da abbattere... Una corrosiva e cinica commedia dolce-amara che fa riflettere sulla natura dello scrittore e dell'artista (che da un lato non può che ispirarsi alla realtà, ma dall'altro deve inventare e ricreare i propri mondi), ma anche su tutto ciò che gli ruota attorno, dai fan ai media, dagli applausi all'invidia, dagli onori ai rancori. Ottima la sceneggiatura, arguta e intelligente, e straordinario il personaggio di Mantovani, intellettuale integralista e antiretorico nelle sue idee sul ruolo della cultura, sin dal discorso al momento della consegna del Nobel, che poi si rispecchia – in piccolo – in quello durante la premiazione del concorso di pittura, che finisce con l'indispettire i suoi concittadini quando non riesce più a celare il suo disprezzo verso la mediocrità di un mondo che sembra contento di non voler cambiare mai. Coppa Volpi a Venezia, a Oscar Martínez, per la miglior interpretazione maschile, mentre l'Argentina lo ha scelto come suo rappresentante agli Oscar per il miglior film straniero. Nella realtà, nessuno scrittore argentino ha mai vinto il Nobel: neppure Borges, citato un paio di volte durante la pellicola.

2 commenti:

Marisa ha detto...

Bellissimo film, dolce-amaro. Ritornare dopo tanti anni al paese dell'infanzia e della gioventù comporta sempre il rischio di risvegliare il drago dormiente! Ma non accade lo stesso anche quando si decide finalmente di rivisitare l'origine delle proprie ferite e fare i conti col passato?

Christian ha detto...

"Indietro non si torna". O, se lo si fa, è sempre pericoloso. Credo proprio che il film intenda suggerire questo, prima ancora che il semplice ed evidente "Nemo propheta in patria". Tanto che il protagonista esorcizza il passato trasfigurandolo per mezzo della propria scrittura, e lasciando gli altri nel dubbio se ci si trovi di fronte alla finzione o alla realtà (a ben vedere un po' come in "Animali notturni", altro film nelle sale in questi giorni).