3 febbraio 2017

Hungry hearts (Saverio Costanzo, 2014)

Hungry Hearts (id.)
di Saverio Costanzo – Italia 2014
con Alba Rohrwacher, Adam Driver
**1/2

Visto in divx, con Sabrina.

Mina (Rohrwacher) e Jude (Driver) si conoscono per caso quando entrambi rimagono intrappolati nella toilette di un ristorante cinese a New York. I due cominciano a frequentarsi e, dopo che lei rimane incinta, si sposano. Ma durante la gravidanza le ossessioni salutiste e vegane della ragazza peggiorano sempre più: e dopo il parto, comincia a "schermare" il neonato da tutto quello che secondo lei potrebbe danneggiarlo. Ecco così che non lo fa mai uscire da casa (per non farlo entrare in contatto con i "veleni" esterni, ma anche per proteggerlo dal sole e dalle radiazioni dei cellulari), non lo porta dal pediatra (perché non si fida della medicina ufficiale) e soprattutto non lo nutre a dovere (convinta che la carne e le proteine siano dannose). All'inizio Jude prova ad assecondarla: ma quando si rende conto che la salute del bambino è in pericolo, perché la sua crescita è messa a repentaglio, sarà costretto a toglierlo alla moglie e portarlo alla propria madre. La ragazza, però, non si arrende senza lottare... Dal romanzo "Il bambino indaco" di Marco Franzoso (così intitolato perché Mina, durante la gravidanza, si convince – grazie alle parole di una chiromante – che il figlio sarà una creatura eccezionale, il che giustifica il suo tentativo di purificarlo dalla corruzione del mondo esterno), una storia di patologia e ortoressia raccontata con meritorio equilibrio, senza assumere mai toni paternalisti o gridati (salvo forse nella melodrammatica svolta finale), anzi premurandosi di ritrarre anche la fragile Mina in una maniera in un certo senso simpatetica: la ragazza non è "cattiva", anzi, tutto quello che fa lo fa per amore, essendo davvero convinta di proteggere in questo modo il bambino. A tratti, nella sua natura di thriller psicologico da camera, il lungometraggio ricorda persino Polanski (in particolare le ossessioni di "Repulsion") e Hitchcock (grazie alla colonna sonora di Nicola Piovani, peraltro integrata con "Tu si' 'na cosa grande" di Modugno e "Flashdance... What a Feeling" di Moroder), soprattutto nelle scene girate con il grandangolo che distorce le figure donando un senso di claustrofobia (e accentuando l'anoressia di Mina). Da confrontare con un altro film italiano sulle patologie alimentari, "Primo amore" di Matteo Garrone. Il romanzo originale era ambientato in Italia, ma Costanzo ha voluto spostare la storia a New York ("Mi serviva una città più aggressiva, individualista e in cui è normale sentire il desiderio di proteggersi da tutto ciò che sta fuori casa"). Da notare che il bambino rimane senza nome per tutto il film. Oltre ai due ottimi protagonisti (entrambi giustamente premiati con la Coppa Volpi a Venezia), nel cast c'è anche Roberta Maxwell nel ruolo della suocera.

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