13 aprile 2018

Tonya (Craig Gillespie, 2017)

Tonya (I, Tonya)
di Craig Gillespie – USA 2017
con Margot Robbie, Sebastian Stan
***

Visto al cinema Eliseo, con Sabrina.

La "storia vera" di Tonya Harding, bad girl del pattinaggio su ghiaccio americano, che nel 1994 assurse agli onori della cronaca per l'aggressione (organizzata dal suo ex marito Jeff Gillooly e dalla sua guardia del corpo) alla rivale Nancy Kerrigan, poco prima dei Giochi Olimpici di Lillehammer. Ma prima di parlare di quel fattaccio (e trasformandosi di fatto in una tragicommedia che ricorda i film dei fratelli Coen, ricchi di personaggi stupidamente idioti: solo che qui è tutto più o meno autentico, come dimostrano i frammenti di interviste – sui titoli di coda – ai veri protagonisti della vicenda), la pellicola è un potente ritratto di un personaggio fuori dal comune, rozza, energetica e dal temperamento burrascoso, cresciuta senza istruzione in una famiglia disagiata, ben lontana dall'immagine di elegante raffinatezza che ci si attenderebbe dalle pattinatrici. Per non parlare di tutto il contorno familiare: il rapporto con la madre Lavona, sempre dura e severa con lei, è uno dei fili conduttori della vicenda, dalla quale Tonya esce più come vittima che come carnefice. Se non fosse una storia vera (la parola "verità" ricorre in continuazione nelle parole dei personaggi, intervistati davanti alle telecamere: molte volte, però, a sproposito o con fini ironici, anche perché ognuno in fondo ha la propria verità, in contraddizione con quella degli altri; e come in "Rashomon", spetta al pubblico decidere), ma una sceneggiatura hollywoodiana, sarebbe la classica storia di riscatto con un lieto fine e la rivincita del loser. Gli ingredienti, in fondo solo quelli: le umili origini, l'infanzia e l'adolescenza difficile, il forte desiderio di emergere, gli allenamenti, le vittorie (Tonya fu la prima americana a eseguire con successo un triplo axel in una competizione ufficiale, un salto così difficile che persino per la realizzazione del film non è stata trovata alcuna controfigura disposta a farlo e si è dovuto ricorrere ad effetti digitali) e la successiva discesa nel baratro. A lei vanno in ogni caso le simpatie del regista (e dello sceneggiatore Steven Rogers), che la mostrano attorniata da figure di contorno assai più deprecabili di lei, per un motivo o per l'altro. "Il pubblico vuole qualcuno da amare, ma anche qualcuno da odiare" è la chiosa, che descrive alla perfezione non soltanto l'ambiente dello sport da competizione o lo star system, ma l'intera società americana. Emblematico il fatto che l'attenzione mediatica sullo scandalo cominciò a scemare in contemporanea con l'inizio di un'altra vicenda, quella di O.J. Simpson. Strepitoso il cast, con nomination agli Oscar per Margot Robbie e Allison Janney (nel ruolo della madre, premiata come miglior attrice non protagonista). Lo stile registico, dinamico e postmoderno, ma anche la colonna sonora (ricca di hit degli anni settanta, ottanta e novanta, compresa una versione in inglese di "Gloria" di Umberto Tozzi) sono assolutamente calate nello spirito del periodo.

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